Il primo gennaio del nuovo secolo, il Novecento, Danny Boodmann trovò un bambino sulla nave su cui lavorava e ,credendolo un segno del destino, decise di tenerlo: lo chiamò Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento. Egli visse sulla nave anche dopo la morte del padre: qui imparò a suonare il piano da Dio e face amicizia con un trombettista (è lui che narra la storia). Era veramente bravo, tanto da battere quello che si permetteva di definirsi ‘l’inventore del jazz’. Tentò anche di scendere a terra, una volta, ma non ci riuscì: visse così sulla nave da cui scese, però, il suo amico. Passarono gli anni e si decise che il Virginian, date le sue pessime condizioni, al ritorno dalla guerra, doveva venir fatto affondare. Il narratore però non credeva che Novecento fosse mai sceso: infatti lo trovò lì, che si rifiutava di scendere, morendo così con la nave, sulla quale aveva per tutta la sua vita suonato e vissuto. A me questo libro, ha emozionato tantissimo ed è il più bello che io abbia mai letto: l’ho trovato dolce e commovente anche sotto l’aspetto distaccato e freddo di Novecento, che è uno dei personaggi più delicati e sensibili che io abbia mai sentito descrivere. Mi ha colpito l’uso delle parole che fa Baricco: mi piace moltissimo il suo modo di scrivere e questa storia, anche se l’avevo già sentita e vista in VHS, mi ha fatto effetto.
“Questo me lo ha insegnato Denny Boodmann T.D. Lemon Novecento, il più grande pianista che abbia mai suonato sull’Oceano. Negli occhi della gente si vede quello che vedranno, non quello che hanno visto. Così diceva: quello che vedranno” PAG 12
“Suonavamo perché l’Oceano è grande e fa paura, suonavamo perché la gente non sentisse passare il tempo, e si dimenticasse dov’era e chi era. Suonavamo per farli ballare, perché se balli non puoi morire e ti senti Dio. E suonavamo il ragtime perché è la musica su cui Dio balla, quando nessuno lo vede” PAG 14
“Non sei fregato davvero finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla … lui l’aveva una buona storia. Lui era la sua buona storia. Pazzesca, a ben pensarci, ma bella … E quel giorno, seduto su quella dinamite, me l’ha regalata” PAG 17
“Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino e ti accorgi che non la ami più. Quando apri il giornale e ti accorgi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi, io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. Quando, in mezzo all’oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e disse ‘A New York, fra tre giorni io scenderò da questa nave’” PAG 45
“Il mare è come un urlo gigantesco che grida e grida e quel che grida è "banda di cornuti, la vita è una cosa immensa, lo volete capire o no?! Immensa!” PAG 47
“Adesso so che quel giorno Novecento aveva deciso di sedersi davanti ai tasti neri e bianchi della sua vita e iniziare a suonare una musica assurda e geniale, ma complicata, la più bella di tutte. E che su quella musica avrebbe ballato quello che rimaneva dei suoi anni” PAG 51
“Andavo di fantasia e di ricordi, è quello che ti rimane da fare, alle volte, per salvarti, non c’è nient’ altro” PAG 53
“Sulla Terra non è quel che vidi che mi fermò, ma quel che non vidi … non c’era una fine. Quel che vidi è dove finiva tutto quello, la fine del mondo. Ora pensa: un pianoforte. Tu sai che i tasti sono 88, non sono infiniti loro. Tu sei infinito e dentro quei tasti, è infinita la musica che loro possono produrre. Questo a me piace perché è questo che si può vivere” PAG 55
“Io che non ero stato capace di scendere da quella nave, per salvarmi sono sceso dalla mia vita. Gradino dopo gradino. Ed ogni gradino era un desiderio, per ogni passo un desiderio a cui dicevo addio” PAG 58
Il primo gennaio del nuovo secolo, il Novecento, Danny Boodmann trovò un bambino sulla nave su cui lavorava e ,credendolo un segno del destino, decise di tenerlo: lo chiamò Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento. Egli visse sulla nave anche dopo la morte del padre: qui imparò a suonare il piano da Dio e face amicizia con un trombettista (è lui che narra la storia). Era veramente bravo, tanto da battere quello che si permetteva di definirsi ‘l’inventore del jazz’. Tentò anche di scendere a terra, una volta, ma non ci riuscì: visse così sulla nave da cui scese, però, il suo amico. Passarono gli anni e si decise che il Virginian, date le sue pessime condizioni, al ritorno dalla guerra, doveva venir fatto affondare. Il narratore però non credeva che Novecento fosse mai sceso: infatti lo trovò lì, che si rifiutava di scendere, morendo così con la nave, sulla quale aveva per tutta la sua vita suonato e vissuto. A me questo libro, ha emozionato tantissimo ed è il più bello che io abbia mai letto: l’ho trovato dolce e commovente anche sotto l’aspetto distaccato e freddo di Novecento, che è uno dei personaggi più delicati e sensibili che io abbia mai sentito descrivere. Mi ha colpito l’uso delle parole che fa Baricco: mi piace moltissimo il suo modo di scrivere e questa storia, anche se l’avevo già sentita e vista in VHS, mi ha fatto effetto.
“Questo me lo ha insegnato Denny Boodmann T.D. Lemon Novecento, il più grande pianista che abbia mai suonato sull’Oceano. Negli occhi della gente si vede quello che vedranno, non quello che hanno visto. Così diceva: quello che vedranno” PAG 12
“Suonavamo perché l’Oceano è grande e fa paura, suonavamo perché la gente non sentisse passare il tempo, e si dimenticasse dov’era e chi era. Suonavamo per farli ballare, perché se balli non puoi morire e ti senti Dio. E suonavamo il ragtime perché è la musica su cui Dio balla, quando nessuno lo vede” PAG 14
“Non sei fregato davvero finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla … lui l’aveva una buona storia. Lui era la sua buona storia. Pazzesca, a ben pensarci, ma bella … E quel giorno, seduto su quella dinamite, me l’ha regalata” PAG 17
“Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino e ti accorgi che non la ami più. Quando apri il giornale e ti accorgi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi, io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. Quando, in mezzo all’oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e disse ‘A New York, fra tre giorni io scenderò da questa nave’” PAG 45
“Il mare è come un urlo gigantesco che grida e grida e quel che grida è "banda di cornuti, la vita è una cosa immensa, lo volete capire o no?! Immensa!” PAG 47
“Adesso so che quel giorno Novecento aveva deciso di sedersi davanti ai tasti neri e bianchi della sua vita e iniziare a suonare una musica assurda e geniale, ma complicata, la più bella di tutte. E che su quella musica avrebbe ballato quello che rimaneva dei suoi anni” PAG 51
“Andavo di fantasia e di ricordi, è quello che ti rimane da fare, alle volte, per salvarti, non c’è nient’ altro” PAG 53
“Sulla Terra non è quel che vidi che mi fermò, ma quel che non vidi … non c’era una fine. Quel che vidi è dove finiva tutto quello, la fine del mondo. Ora pensa: un pianoforte. Tu sai che i tasti sono 88, non sono infiniti loro. Tu sei infinito e dentro quei tasti, è infinita la musica che loro possono produrre. Questo a me piace perché è questo che si può vivere” PAG 55
“Io che non ero stato capace di scendere da quella nave, per salvarmi sono sceso dalla mia vita. Gradino dopo gradino. Ed ogni gradino era un desiderio, per ogni passo un desiderio a cui dicevo addio” PAG 58